In questi giorni ho avuto modo di leggere un articolo molto discutibile, facendo le mie considerazioni, cercando di riflettere sulle dichiarazioni del ministro del lavoro Giuliano Poletti. Poco prima di confrontarmi con l’articolo, un giorno prima per l’appunto, avevo letto un indagine dell’Istat, sulle condizioni occupazionali dei laureati degli anni Novanta in Italia. L’indagine considerava tre gruppi di studio universitari: gruppo letterario, economico e medico. Il risultato dell’indagine era evidente, solo il gruppo economico al conseguimento del titolo riusciva ad impiegarsi stabilmente nel mercato del lavoro. L’aspetto più interessante che ho notato durante un corso di statistica è che il gruppo letterario aveva il maggior numero di iscritti e di laureati, circa 15.093, ma solo la metà riusciva a trovare un occupazione stabile. Mentre il totale di iscritti e laureati per il gruppo economico era di 8.229, circa 7.705 aveva un occupazione stabile. La situazione era favorevole anche per il gruppo medico. Sulla base di questa indagine è opportuno fare delle analisi considerando le esigenze del mercato di quegli anni, condizione molto simile a quello che succede oggi nel mercato economico. Sicuramente il quadro odierno è molto più complesso, ci sono molti più iscritti a molteplici gruppi, corsi di studio, ma sembra che l’esigenza del mercato privilegia ancora determinate formazioni più di molte altre. Questo piccolo aneddoto mi ha fatto riflettere subito dopo aver letto l’articolo, ho cercato di sentirmi meno frustrata per il mio futuro di studentessa e occupata precaria. L’articolo in questione, verteva sulle dichiarazioni del ministro del lavoro Giuliano Poletti durante l’evento di apertura di Job&Orienta, convention dedicata all’ innovazione, formazione e all’orientamento scolastico e del lavoro. Poletti dichiara che “è meglio conseguire la laurea a 21 anni prendendo 97, che 110 a 28 anni”. Il tempo per Poletti è” il responsabile del dicastero”. Il mercato del lavoro non aspetta i tempi individuali di nessuno, è una macchina troppo complessa, articolata ed esigente. Oggi non siamo in un mercato dove il lavoro è sinonimo di fabbrica, quello di cui il mercato ha ora bisogno è di creatività, responsabilità, innovazione e stabilità. Sicuramente perché oggi nelle fabbriche la produzione dei beni è automatizzata, quindi è richiesta meno forza lavoro. Sicuramente abbiamo superato l’idea di un economia industriale, dove la produzione materiale era l’ossessione del mercato capitalista. Tutte queste massive trasformazioni sono oggi superate ed interiorizzate grazie all’innovazione tecnologica che ha prodotto dei cambiamenti strutturali nel mercato economico. Sicuramente il fattore tempo è stato ed è tutt’ora l’ossessione del mercato. Questo meccanismo malefico lavora senza nessun interesse per le emozioni di ciascun individuo, ciò che dovrebbe distinguere il mercato dall’essere individuo, cioè persona fatta di carne ma anche di emozioni, tempi e processi di crescita individuale, aspetti che non possono essere generalizzati né messi in discussione da nessuna istituzione. Ma questo non ha molta importanza, ma non posso essere indifferente a tutto ciò, perché prima di tutto sono un essere umano, prima ancora di essere individuo di una società organizzata e complessa, forse troppo per me. Mi ossessiona e mi frustra l’idea di essere solo una risorsa indispensabile per il mercato. Mi ossessione l’indifferenza di questo sistema che considera solo il tempo-età come unico requisito e metro di valutazione professionale. La mia curiosità è andata ben oltre, dato che non conoscevo il ministro Poletti se non dopo le sue dichiarazioni, ho deciso di documentarmi un po’ sulla sua vita. A differenza del mercato e di qualsiasi altra istituzione, mi piace leggere le storie biografiche, perché posso farmi alcune considerazioni sociologiche e culturali non ometto di essere una grande sognatrice, in fondo.
Giuliano Poletti è cresciuto in una famiglia di contadini, è cresciuto nell’ epoca in cui il titolo di studio laurea non era un requisito necessario per trovare un occupazione. Giuliano Poletti, come molti degli studenti universitari di quegli anni, ha avuto la fortuna di crescere e formarsi in un epoca di forte ripresa e di sviluppo economico e del mercato. Negli anni ‘70 fiorisce l’economia dell’ impresa, la grande maggioranza delle famiglie come quella dell’onorevole Poletti poteva finalmente sperare in un futuro migliore. Poletti non ha conseguito il titolo di laurea, eppure ha avuto la fortuna, seppure con un semplice titolo, il diploma, di trovare un occupazione stabile che gli permettesse di elevarsi negli anni. Poletti aveva sicuro poche possibilità di scelta tra i vari percorsi di studio, ma sicuramente a differenza di molti studenti odierni, il mercato gli poteva consigliare un percorso formativo giusto e sicuro. Oggi il mercato è multidimensionale, ci sono meno imprese che investono e organizzano la loro produzione nel nostro paese, la stragrande maggioranza dell’economia è immateriale, di conseguenza la struttura del mercato è instabile. Oggi, per nostra fortuna o sfortuna, abbiamo molte più possibilità di scelta tra i vari percorsi di studio. Questo potrebbe sembrare un vantaggio-svantaggio direbbero gli studenti dell’epoca di Poletti. Da una parte lo è, dall’altra non lo è, non voglio entrare nel merito perché solleverei un’altra questione, altrettanto importante. Oggi mio caro Poletti chi sceglie un percorso, e non voglio generalizzare tra i quali in merito, deve confrontarsi con una realtà contaminata. Nessuna istituzione ti dirà se starai facendo la mossa giusta, soprattutto se, per tua sfortuna, non godrai mai delle preziosissime informazioni e strategie di chi prima, fra tutto e tutti sa, come funziona questo meccanismo. Meglio pensare a questo fottutissimo meccanismo come un gioco, dove tutto è stato pianificato a tavolino con dedizione e deduzione, meglio godersi il presente senza troppe aspettative, meglio fare tesoro e sentirsi fortunati di aver scelto non per obbligo ma per mera consapevolezza individuale. C’è un tempo per ogni cosa, mio caro Poletti. A volte nemmeno l’istruzione può, quello che la vita in tutti i suoi aspetti sa di insegnarti. Nessuno potrà dirmi che il tempo è il requisito indispensabile per trovare lavoro, chi lo dice sta seguendo il tempo del mercato. Polarizzare la propria vita nell’ideale del tempo può portare l’individuo alla frustrazione. Ogni comportamento individuale è un meccanismo mentale intrinseco, le azioni e i comportamenti individuali sono regolati da istinti e pulsioni vitali che non potranno del tutto essere inglobati dai bisogni e dai comportamenti e normative sociali. Questo è il paradosso odierno, in quanto gli esseri umani con i loro istinti lottano contro i bisogni della società. E se è vero che, ciò che contraddistingue gli essere umani dalle macchine e da tutto ciò che è materiale, è la capacità empatica ed intuitiva di ognuno, questa caratteristica è il primo passo per purificarsi dalle tempistiche sociali. Non è una giustificazione di chi vuole trovare una scusa a tutto, per non sentirsi in colpa e getta le colpe sugli altri. Ci sono tante motivazioni che possono condizionare ed arretrare un individuo dai suoi obiettivi formativi, ci sono anche altri tipi di formazioni che non sono “istituzionali”. C’è molto lavoro sottopagato e a nero, per chi si laurea giovane e non, ognuno deve comunque farsi il culo, perché si cercano laureati da poter formare e sfruttare al tempo stesso. A meno che, tu non sia figlio di o amico di… Oggi è ancora così mio caro Poletti, forse tu sarai tra quelli che, veramente ha dovuto sudarselo il posto, perché non eri il figlio di… Ma forse oggi sei troppo imborghesito e avrai dimenticato un po’ di sani valori caserecci. Parlavo prima degli istinti vitali, forse sto leggendo troppo Freud, sarà che ho appena concluso una terapia e mi sento in vena di riflessioni. Sarà che ho dovuto ripulirmi dai miei sensi di colpa, perché io mi sento una “vecchia” studentessa, ma credimi che questa è stata l’ultima delle mie pene, frustrazioni, insoddisfazioni, chiamale come vuoi. Sarà che, un po’ di esperienza lavorativa ce l’ho ma purtroppo non potrò dimostrarlo con la carta, perché sai, ho lavorato sempre a nero.
L’ideale di uomo a cui voglio rivolgermi è uno che, sa riconoscere e rispettare i propri limiti, considerando i propri tempi biologici e storici. Un uomo che non dispera e vive ossessionato dalla ricerca del tempo perduto. Un uomo che consuma fino all’ultimo minuto del suo tempo e gode quando esso cessa di esistere. Un uomo che non è ossessionato dalla perfezione e dall’onnipotenza ma è umile in quanto non è eterno. Un uomo che sa osservare, “perché se ha occhi per vedere non ha bisogno di cercare”… Il tempo perduto.