Henry Barthes, interpretato da un superlativo Adrien Brody, è un imperscrutabile ed ermetico supplente di letteratura dal passato difficile. La sua storia si interseca con tre personaggi nel corso del film che saranno di fondamentale importanza per lui. Erica, una giovanissima prostituta a cui offre il suo aiuto, veste gli abiti di una speranza di stabilità. Il nonno, a cui va a fare spesso visita in una clinica, incarna il legame traumatico al dramma infantile, infatti è l’unico familiare rimastogli dopo l’abbandono del padre e il suicidio della madre. Meredith è una studentessa dalla forte vena artistica ma con una vita catatterizzata da problemi legati all’obesità ed al rapporto complicato con suo padre: le incomprensioni con quest’ultimo la portano al suicidio, innescando un avvenimento transizionale per il protagonista. Infatti questo evento e la morte del nonno, che provoca un distacco dal trauma e un rinnovamento emotivo, accompagnano Henry dalla situazione di sofferenza al riconciliarsi con Erica con la quale aveva costruito un legame.
L’essere supplente e il suo solito vagabondare notturno nelle periferie della città esprimono la totale mancanza di stabilità e un’incompiutezza personale. Le scene si rincorrono per tutto il film con una nota di malinconia continua e intervallate da profonde e lancinanti riflessioni da parte di Henry.
Il mondo interno del protagonista è costellato da una solitudine profonda, da un vuoto che proviene da una mancanza di figure di riferimento stabili nella sua vita ma soprattutto nel suo sviluppo. I personaggi che lo contornano sembrano soffrire, ognuno a modo proprio, un vuoto interiore e soprattutto gli studenti sembrano patire come Henry la mancanza di un legame, di una guida, che possa provenire dalla scuola o dai genitori che sono emotivamente assenti. Questa mancanza di una personalità centrale, descritta nella pellicola di Tony Kaye, è quella che Massimo Recalcati indica come un moderno disagio della Civiltà e la descrive in una sua recente opera: Il complesso di Telemaco.
Tra i tanti film che Recalcati cita e analizza per introdurre il concetto centrale, estraiamo Habemus Papam. Il lungometraggio quasi profetico di Moretti. Infatti racconta di un sacerdote diventato Papa che sente il peso della carica che sta per andare a ricoprire. Il regista non solo vuole sottolineare l’umanizzazione del ministro di Dio, assorbito e immobilizzato dalle paure, ma anche la mancanza di un “padre” per i propri figli-fedeli che contraddistingue l’epoca contemporanea.
La figura omerica, scelta dallo psicoanalista milanese, non è ovviamente casuale.
Telemaco infatti attende l’arrivo del padre, osserva l’orizzonte sperando di scorgere la nave che riporti a casa il Re di Itaca, aspetta che il mare riporti colui che possa scacciare i Proci che insidiano il suo trono. Ma il passaggio di testimone dall’Edipo a Telemaco non è certo diretto e l’evoluzione è durata svariati anni. Il figlio-Edipo si trova al centro tra il desiderio incestuoso di possedere la madre e la frustrazione della legge paterna, tra il sogno e la realtà. Il padre è l’autorità repressiva che ostruisce la realizzazione del desiderio, e da qui nasce il violento contrasto generazionale tra il vecchio e il nuovo che sfocia storicamente nelle contestazioni degli anni sessanta e settanta. Deleuze e Guattari nel 1972 con il loro AntiEdipo hanno accusato la teoria psicoanalitica di essersi messa, dopo la rivoluzionaria scoperta dell’inconscio, al servizio della legge patriarcale e dell’ordine prestabilito. Il figlio-AntiEdipo è prima di tutto una macchina desiderante completamente dominata dall’Es freudiano che non sottostà a nessuna legge, compresa la “minaccia di evirazione”.
Tuttavia, come avvertì Lacan all’epoca, questo meccanismo del godimento ovunque e dovunque è confluito nel corso d’acqua della corrente capitalista. Prima di arrivare al figlio-Telemaco dobbiamo menzionare il figlio-Narciso, che sembra la figura generante del primo. Egli viene allevato da genitori che si attengono e si impegnano nella realizzazione della felicità spensierata del figlio, sostituendo questa azione alla trasmissione di contenuti. Questo spianamento della strada allontana il figlio dalla frustrazione del mondo esterno facendolo diventare un Narciso che, infine, si bea di un mito di autogenerazione. Telemaco non vive del conflitto generazionale come Edipo, né si autocompiace ai suoi stessi occhi come Narciso, bensì aspetta, guarda l’orizzonte che può essere inteso come l’avvenire, sperando nel ritorno del padre, di colui che può dare un senso, una legge alla sua vita. Detachment sembra, a questo punto, quanto mai attuale. La classe del supplente Henry, soprattutto Meredith, sembra soffrire dello stesso vuoto, della stessa mancanza di Telemaco, mancanza alla quale la studentessa soccombe, togliendosi la vita. Nonostante il padre lo abbandoni prematuramente, lo stesso Henry attende qualcosa che venga dal mare. In questo senso è importante precisare che il padre è la figura che trasmette il senso ed è scindibile dalla figura biologica del genitore.