“Bisogna dire come io vedo questa tavola, la via, le persone, il mio pacchetto di tabacco, poiché è questo che è cambiato. Occorre determinare esattamente l’estensione e la natura di questo cambiamento. Per esempio ecco un astuccio di cartone che contiene la mia bottiglia d’inchiostro. Bisognerebbe provare a dire come la vedevo prima e come adesso la…” J.P.Sartre, La nausea
Che strane le persone sui mezzi pubblici. Alcune di loro ipnotizzate sembrano fissare un punto nel vuoto. Fingendosi interessate si lasciano guidare dal dondolio del mare. E vedi queste teste piegarsi prima a destra poi a sinistra poi in avanti poi indietro, senza uno schema preciso. Si adagiano al ritmo metropolitano dei vagoni che cozzano fra loro. Fino a un profondo e imbarazzante “sì!” quando il treno slitta e si frena fischiando sui binari, come se avessero inteso qualcosa che nessuno ha mai saputo spiegarsi. Un gruppetto di studenti discutono animatamente sul progresso scientifico o qualcosa di simile, sapete quella roba da mezzi pubblici, quelle cose che non interessano a nessuno, quelle cose che si fanno così, che fanno quelli che non sopportano troppo il silenzio? Distolgo lo sguardo dalla pagina ai loro piedi. Ho sempre pensato che tra il modo di agire di una persona e le sue scarpe vi sia un profondo legame. Ho visto scarpe slacciate e sporche appartenere ai tipi più sicuri di sé di questo mondo e scarpe lucide e abbinate ai più vuoti e noiosi. Un signore, scarpe tutte nere, modello mocassino, con un nodo vecchio stampo, di quelli che non si sciolgono mai, interviene alzandosi e parlando a voce sempre più chiara man mano che si avvicina.
– “Un giorno tutto sarà computerizzato. I governi non esisteranno più e noi andremo a votare poggiando il pollice su una macchina rileva impronte digitali. Non ci saranno più automobili e avremo dischi volanti che scorrazzeranno ovunque. Il progresso sta facendo passi da gigante in questo senso. Vedrete”
– “Ah sì, come il grande fratello”
– “Lì purtroppo hanno preso quei ragazzi…ma che ignoranza!”
– “Io veramente mi riferivo al libro”
– “Eh sì hanno fatto successo”.
Ecco il suono del treno che frena. Mi dico più stridulo e prepotente del solito. Le persone iniziano il loro profondo “sì!” e prima ancora che potessero terminarlo mi alzo barcollando dirigendomi verso le porte. Poi scendo. Mi giro divertito e dai vetri opachi i tre ragazzi evidentemente imbarazzati si guardano scambiandosi cenni di intesa. Probabilmente avranno riservato un’occhiata anche alle sue scarpe nere e avranno continuato a discutere di roba da mezzi pubblici, sapete quelle cose che non interessano a nessuno, quelle cose che si fanno così e basta, che fanno quelli che non sopportano troppo il silenzio?