Ivo Poggiani è il presidente della III Municipalità di Napoli, una di quelle in cui ogni giorno la voglia di rinascita culturale dei cittadini, la malavita e le istituzioni si trovano costantemente in contrasto. E quando queste si scontrano l’esito è sempre lo stesso, e a rimetterci la dignità, e a volte anche la pelle, sono sempre e solo i cittadini.
Ivo è un ragazzo come tanti, con tanta passione per la politica e la sua città, spera in un futuro migliore ma sa che non bastano le speranze e le belle parole per riuscire a cambiare davvero.
Qual è stato il tuo percorso politico?
Io inizio a fare politica nei collettivi studenteschi al liceo e all’università, come ha iniziato la maggior parte di noi. Dodici anni fa, appena dopo l’occupazione del centro sociale Insurgencia, che si trova in Via Bosco di Capodimonte, inizio a frequentare questo centro sociale, la mia è la generazione nata dopo “Genova” dal movimento no global del 2001. Cosi inizio a fare politica in maniera attiva. Per dieci anni circa mi sono occupato di ecomafie. La mia vita è cambiata un po’ da quando ho visto Raffaele Del Giudice che butta una pietra nello stagno con Bertolaso davanti, testimoniando che quella non era una discarica ma una devastazione ambientale. Nel 2008 ci fu la questione della discarica di Chiaiano, che ci vide in prima linea ad apporci in quello che può essere il riassunto di dieci anni di battaglie all’ecomafia.
In quel periodo inizio a gestire un bene confiscato alla camorra tra Chiaiano e Marano, bene confiscato ai Nuvoletta, questo sempre da attivista facente parte del centro sociale e come attivista del territorio. E da lì si è sviluppata anche una coscienza che oggi mi porta ad interessarmi, soprattutto negli ultimi due anni, a tutti i problemi legati alla questione delle camorre a Napoli. Nel frattempo sono già dieci anni che faccio il consigliere municipale e sono stato il consigliere più giovane eletto nella città di Napoli, avevo quasi ventidue anni.
Poi Luigi De Magistris mi chiese nel 2011 di candidarmi come presidente dell’Ottava Municipalità di Napoli e qui ricopro per cinque anni il ruolo di consigliere. Divento infine presidente della III Municipalità di cui oggi ne ricopro la carica, diventando attualmente il presidente più giovane della città di Napoli.
Come hai avvertito il passaggio dall’attivismo al ricoprire una carica da consigliere comunale e poi da presidente della municipalità?
Io penso che anche il tipo di politica nuova che sta emergendo a Napoli, grazie anche allo spazio politico che de Magistris, che consente alla figura istituzionale di non essere una semplice figura istituzionale, ma di essere anche un attivista del territorio.
Io continuo tutte le battaglie che ho sempre seguito e secondo me questo è un po’ il cambiamento di rotta, tu non solo sei il presidente della municipalità ma la gente ti riconosce prima come attivista e poi come presidente. In qualche modo la passione politica è qualcosa che si percepisce, che la gente percepisce, e penso che questa cosa abbia contribuito fortemente alla vittoria di questa coalizione.
Alla fine non viene più scissa la figura del politico dall’attivista?
La gente è allergica ai professionisti della politica, ormai non ci credono più, io sono il primo a non crederci. Credo però in un nuovo modo di fare politica e penso che soprattutto a Napoli, essendo lo storico spartiacque politico di questo paese di tutti i processi politici, oggi si stia manifestando un nuovo corso, molto più interessante rispetto a quelli passati.
Rispetto a questo passato, qual è la situazione attuale di Napoli?
Napoli è una città che ha sempre mille problemi, vive sempre di chiaroscuri. Purtroppo solo oggi si è aperto un grande spazio politico, che mancava alla città di Napoli fino all’amministrazione Iervolino, in cui gli spazi istituzionali erano andati in cancrena. Non ci si rivolgeva più al comune proprio perché si pensava che il comune non potesse risolvere i problemi dei cittadini.
Oggi si è ritornati ad uno spazio di discussione politica, che secondo me è importante e fondamentale. Questo non significa che i problemi di Napoli siano superati tutti, rispetto al passato, rispetto a cinque anni fa, in qualche modo si è visto il cambiamento della città. Se pensi che l’altro ieri sera Alberto Angela, su Rai 3, ha trasmesso due ore di spot su Napoli, cinque anni fa questa cosa non era possibile. Oggi i problemi esistono, ci sono, il problema della questione camorra ad esempio è un problema sul quale va fatto un appunto, esiste però sempre una centralità politica da parte degli organi sovrapposti.
Quali sono secondo te i punti importanti su cui una politica attivista deve basarsi per volgere un a un cambiamento consistente?
Napoli oggi è una città molto ricca di protagonismo civile, il mio ruolo ad esempio è più facile rispetto al passato, perché si ha un grande attivismo, soprattutto in alcuni quartieri come il Rione Sanità, che in passato avevano difficoltà ad emergere. Oggi per le istituzioni a volte basta accompagnare quei processi virtuosi che già ci sono nei quartieri, per provare a riqualificare dal punto di vista sociale ma anche economico lo sviluppo che è in esso contenuto.
Questa municipalità ha tre quartieri molto diversi tra di loro: alcuni più strutturati da un punto di vista esterno, poichè possono sembrare più problematici, come ad esempio lo stesso Rione Sanità. Ma dall’altra parte io penso che è molto più facile fare politica all’interno del quartiere Sanità che ad esempio ai Colli Aminei, perché mentre c’è una comunità che è fatta da tanti singoli, da associazioni e cooperative, da parroci che in qualche modo sono in rete tra di loro.
Qual è la situazione delle mafie a Napoli, in particolare nel quartiere Sanità?
In questo momento stiamo vedendo una faida che si consuma tra due famiglie storiche del quartiere Sanità, che sta bloccando i processi di riqualificazione del territorio. Se tu pensi che il mese scorso, dopo una meravigliosa notte bianca dell’arte, che facemmo al quartiere Sanità, che vide migliaia di cittadini riappropriarsi dei propri spazi, il giorno dopo poi si consumò un’ennesima stesa di camorra. Se pensi però che il dato positivo è stato svilito esattamente dopo un episodio di stesa di camorra fatta con delle parrucche rosse in testa in un orario di maggiore affluenza del quartiere, dove ci sono bambini che passeggiano, la gente che fa la spesa, ti rendi conto di come è difficile lavorare all’interno del quartiere.
E a partire da questi progetti concreti, qual è l’immagine che traspare da questo contesto napoletano?
A volte l’immagine che abbiamo noi di Napoli è peggiore di quella che effettivamente è, mentre gli altri percepiscono Napoli come una città in fermento con una grande vivacità, ed è questo, probabilmente, il grande cambiamento culturale degli ultimi cinque anni, la maggiore vittoria politica della città. Anche ad esempio la notizia dell’abbattimento delle Vele di Scampia, che sono state l’immagine negativa simbolo della “gomorra” napoletana è un grandissimo segnale di cambiamento, cioè l’abbattere letteralmente una delle cartoline simbolo del degrado napoletano.
A ventidue anni sei stato eletto consigliere di questa municipalità, perché hai scelto Napoli?
In realtà forse è Napoli che ha scelto me. Ho avuto la possibilità di andare fuori ma ho deciso di restare, poiché il grande amore per questa città mi ha tenuto qui, e questa scelta secondo me mi ha ripagato dei grandissimi sforzi che ho fatto nei ultimi dieci anni. A volte poco c’entra la politica e altri aspetti della propria vita, è un sentimento. I miei più grandi amici, quelli del liceo ad esempio, con cui sono cresciuto, sono tutti fuori. Purtroppo per esigenza sono dovuti emigrare, e questo fenomeno non si arresta ed è sempre costante e tende ad aumentare. Ricordo ancora le parole di Bassolino che consigliava ai giovani napoletani di andare via, ma se vanno via tutti, chi rimane? Io probabilmente il problema non me lo sono mai posto più di tanto, forse c’è qualcosa che mi lega profondamente, perché probabilmente non riuscirei a vivere da nessun’altra parte al mondo.
Cosa può fare la politica per riuscire a trattenere i nostri cervelli?
E’ il no alla camorra, perché è quella cappa che ti fa respirare male all’interno della città. Non esiste una ricetta per far restare i giovani a Napoli, perché il problema è troppo complesso. A volte a noi napoletani manca la fiducia nei confronti della nostra città, a volte si dice che il più grande male dei napoletani, sono i napoletani stessi e forse in passato un po’ era vero perché si viveva in una città morta, morta dal punto di vista culturale. Ma oggi questo non c’è più, almeno questo si è un po’ trasformato. E questo può essere il primo passo per riuscire a far rimanere i giovani all’interno della città. Se le istituzioni ascoltassero di più la nuove idee, si vivrebbe un po’ meglio.
Oggi vedo una furbizia positiva, un rinnovamento della città che permette di riconsiderare il nostro cibo, che viene esportato in tutt’Italia, abbiamo pizzerie famose in tutto il mondo, l’esempio di molti che si sono rimboccati le maniche e che oggi rappresentano una sorta di “paladini della giustizia sociale”. Bisogna ripuntare sulle nostre specificità.
Come sarà Napoli tra cinque anni?
Napoli sicuramente dal punto di vista della mobilità, sarà migliore. Questa città racconta che negli ultimi cinque anni la quantità di b&b e le associazioni che lavorano col turismo e la cultura e gli eventi sono aumentati. Immagino tra cinque anni una Napoli più Europea, con dei trasporti che funzionano, con un condotto intorno alla cultura e al turismo che diventi ancora di più il punto focale per la città. Mi aspetto una Napoli capitale del mediterraneo con grandi flussi turistici.
Tu invece come ti vedi nel futuro?
Spero di fare bene questi cinque anni, le difficoltà sono tantissime, anche se penso che questa sia una delle municipalità più attive della città. Mi immagino in realtà un’altra volta a concentrarmi su questioni politiche che sono molto importanti per me, ma che qualcuno può percepire in maniera diversa.
Secondo te quali sono gli ideali su cui un attivismo onesto deve basarsi?
Credo che una delle richieste dei cittadini più frequenti sia la trasparenza. Siamo abituati ad una città in cui la trasparenza ha nascosto i malaffari, e ritornare a comunicare velocemente, ad esempio tramite i social, come ad esempio è in progetto per questa municipalità, è un modo per avvicinare i cittadini. Un’altra cosa che i cittadini chiedono e che stiamo già facendo, è il discutere con loro ma non in maniera privata ma in assemblee pubbliche nelle scuole, nelle piazze, in orari in cui anche i lavoratori possono partecipare alle discussioni politiche, per provare a coinvolgere la parte sana dei nostri quartieri, per provare a ridurre quel gap esistente tra istituzioni e cittadini, sin da quando ci siamo insediati ci stiamo riuscendo grazie a questi mezzi. Ad esempio la mia casella facebook è piena di richieste dei cittadini…
Ed è stata proprio questa tua disponibilità che mi ha permesso oggi di intervistarti, ricordiamo il caso di Sasi (leggi il mio articolo Sasi vuole andare a scuola) in cui tu mi hai dato la tua disponibilità nella gestione del caso…
E’ questo un esempio di come secondo me le istituzioni devono dialogare con la cittadinanza.
Ed è questa la mancanza di dialogo con le istituzioni che si riflette quando i cittadini sono chiamati a votare. Riferendoci ad esempio al prossimo referendum del quattro dicembre avverto un’impreparazione collettiva…
E’ questo uno dei più grandi drammi. Il fatto che non si capisca una riforma costituzionale è un dramma perché la costituzione è stata fatta proprio per essere accessibile a tutti. È una carta che tutti possono leggere poiché gli articoli sono comprensibili a tutti. La riforma costituzionale invece è oscura, nel senso che è interpretata. Quindi proprio perché l’intento dei padri costituenti era quello di rendere una carta accessibile a tutti, questa riforma è scritta male dal principio per una serie di motivazioni tra cui questa, e un’altra è quella che è stata fatta da un governo che non è stato votato da nessuno, costituito da un parlamento incostituzionale, e un presidente del consiglio che de facto non è stato nominato da nessuno, risultato di un accordo fatto quando i cittadini non c’erano.
Che cos’è per te la felicità?
Io mi sveglio la mattina felice e mi considero una persona felice, perché fortunatamente ho una bella famiglia, e quando dico famiglia non intendo solo i miei genitori, ma una famiglia allargata fatta da amici, ragazza ecc… E sono fortunato perché ho veramente una bella famiglia e soprattutto faccio quello che mi piace. Se dovessi svegliarmi una mattina e fare qualcosa che non mi piace, non sarei così felice. Fra le mille difficoltà, io lavoro tredici quattordici ore al giorno, le mie giornate non finiscono mai, però il fatto di fare qualcosa che può contribuire alla mia e alla felicità degli altri è una cosa che mi dà molta soddisfazione. Finirò di fare politica quando non avvertirò più la felicità in quello che faccio.
Di fatto qualcuno una volta disse “scegli il lavoro che ami e non lavorerai un giorno in tutta la tua vita”
In vita mia ho sempre fatto quello che mi piace. Oggi sono il presidente della municipalità e mi piace esserlo, ho fatto un sacco di esperienze nella mia vita e penso siano sempre state dettate da una mia autonomia di pensiero, e mi sono sempre trovato bene. Certo non sono stati facili gli ultimi dieci anni, però penso che se oggi sono qui in qualche modo ho vinto.