La mia vecchia giacca

Era lì penzoloni aggrappata a una vecchia gruccia tra le altre cose di seconda mano. Tutto lì arrivava da chissà dove, da chissà chi, chissà come. E persino provare a spiegare i motivi che mi spinsero ad avvicinarmici, a scostare con le dita le altre giacche, sarebbe molto difficile, e forse non vi convincerei abbastanza. Quel che so è che scelsi proprio lei, e mi sentivo felice: volevo indossarla subito.
Intorno il mercato brulicava di potenziali acquirenti che sceglievano con attenzione tra le balle aperte disposte su lunghe tavole di plastica. Il rumore del traffico copriva le voci dei venditori, ma di tanto in tanto, se si tendeva bene l’orecchio, si potevano udire le loro contrattazioni. E io ne restavo profondamente affascinato come dinnanzi a uno spettacolo, e forse ero l’unico a farci caso. Guardavo le loro facce pittoresche e con quanta abilità muovevano quelle mani e quella roba, gesticolando, spostando, prendere i soldi e dare il resto. Mi sentivo a un certo punto un oggetto usato anch’io, e ci stavo bene in mezzo alle loro storie, forse perché lì non avevo bisogno di nascondermi o rendermi migliore, ogni cosa appariva così com’era senza inutili girotondi d’apparenza o addobbi di circostanza: usato, a volte consumato, a volte logoro, come noi.
Staccai con le dita la giacca dall’appendiabiti laccato pieno di scotch vecchio e prezzi sbiaditi scritti a penna. La mia giacca: uno straccio infeltrito nero di velluto mai lavato abbastanza con le tasche bucate e un taschino di fodera interno per nasconderci le cose importanti. Il venditore mi dice che un tempo andava di moda, che adesso invece le cose sono cambiate. Nessuno vuole una giacca fuori moda di seconda mano.
Mi dice che è lì da molto tempo, e che nessuno se n’è mai interessato veramente. Non sa a chi è appartenuta, forse a qualcuno che se n’è disfatto per noia o per soldi. Il prezzo è buono mi dice… Avere qualcosa in cambio di soldi, che strano, non mi ci abituerò mai abbastanza.
Un uomo di colore seduto tra due bancarelle colme di profumi delle marche più prestigiose falsi elenca urlando con un po’ di accento straniero e un po’ di accento napoletano la sua merce, ripetendo come una filastrocca buffa i suoi prodotti, proponendo di tanto in tanto variazioni sui prezzi e offerte speciali 3X2.
Motorini sui marciapiedi attaccati alle vetrine zigzagano tra i pedoni rassegnati e intimoriti fermandosi qualche volta per comprare la loro roba. E intanto bambini rom aspettano il semaforo rosso per potersi avvicinare alle macchine ferme e chiedere l’elemosina o scambiare fazzoletti.
Giacche usate, svendute, gettate via, dimenticate, marroni, nere, bianche, gialle, rosse, di velluto, di lana, di cotone, a vento, di jeans, sportive, di pile, da completo, smanicate, col risvolto classico o a collo sciallato, ora, presto o tardi fuori moda.
Il venditore aspetta in silenzio un altro no grazie facendo penzolare come un morto la giacca al suo indice pronto a metterla di nuovo a posto. Non aggiunge altro, se la vuoi prendila, altrimenti passa avanti. Infilo le mani nel mio jeans vissuto ma con le tasche ancora integre cacciando a pugni stretti le banconote stropicciate e qualche spicciolo. E’ tutto quello che ho, gli dico, basta? Apro le mani. Il venditore le esamina gettando gli occhi in basso e mi prende i polsi. Tienili, prenditi ‘sta giacca.
La prendo tra le braccia lasciando che si adagi alle mie forme. Si la prendo, lascio qui tutte le altre.
Mi indossa subito.


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