La pubblicità sessista ci offende tutti

La discriminazione è l’arma degli imbecilli. E’ un linguaggio insensato che vuole imporre agli altri le sue regole sgrammaticate. E’ l’oggetto con cui si afferma concretamente l’involuzione umana.
Discriminiamo perché siamo deboli e abbiamo bisogno di sentirci migliori scavalcando qualcuno o qualcosa, calpestiamo i nostri diritti e quelli degli altri se discriminando possiamo ottenere risultati di successo. Discriminiamo chi viene da altrove, discriminiamo chi non può difendersi, discriminiamo chi non la pensa come noi, discriminiamo le donne attraverso i gesti e le parole di ogni giorno attraverso i media, attraverso la pubblicità: comunicando in realtà che siamo degli emarginati, tristi, repressi e terribilmente soli. E di questo ne siamo tutti vittime e complici se non ne parliamo, se non ci facciamo sentire, perché non possiamo permettere a qualcuno di calpestare la nostra dignità.
Ma per fortuna c’è chi non la pensa così, e protesta per questo sistema mortificante che vorrebbe imporci ancora i soliti modelli sessisti a cui per fortuna stiamo slegandoci con timidezza.

Ho intervistato Annamaria Arlotta, giornalista, attivista per i diritti delle donne e creatrice del gruppo “La pubblicità sessista offende tutti”.

Introduca se stessa
Sono laureata in storia dell’arte, ma più che altro sono stata insegnante elementare sia in America che in Inghilterra, dove ho vissuto molti anni. Sono tornata in Italia nel 2000 e mi sono accorta che qui la pubblicità è piena di donne sexy e casalinghe stereotipate: si usano donne sexy per vendere qualsiasi prodotto o evento.
Ero da poco tornata e all’inizio credevo che a differenza dell’Inghilterra noi fossimo più liberali… Però poi ripensandoci conclusi che quelle pubblicità erano effettivamente riduttive della persona e offensive nei confronti della donna, ricondotta sempre alla seduzione o mostrata come una casalinga degli anni cinquanta.
All’estero non troviamo questi cartelloni enormi, qui invece sempre queste pubblicità ambigue piene di doppi sensi. Siamo a livelli di battute infantili e adolescenziali, squallidissime…
Nel 2011 ho aperto il gruppo Facebook “La pubblicità sessista offende tutti” che è subito cresciuto e adesso conta quasi diecimila iscritti, tra cui intellettuali, giornalisti, figure politiche note e scrittori.

Secondo lei perché il sessismo riguarda prettamente il genere femminile?
Perché viviamo in una società maschilista. Chiunque si sente in diritto di poter usare la donna come vuole, a seconda del prodotto e dell’evento. C’è una sagra del peperoncino? Allora mettiamo una donna col peperoncino in testa. Una pubblicità del cibo? Al posto del seno mettiamo le mozzarelle…
La donna è svilita, umiliata, a volte diventa lei stessa un bocconcino da gustare.
C’è proprio una fissazione in Italia, c’è proprio il fatto che il primo pensiero legato alla donna è il sesso. La donna svestita attira di riflesso anche le acquirenti donne, invitate ad immedesimarsi nelle modelle.
Di fatti quando si invertono i ruoli fa un po’ sorridere la cosa, non fanno lo stesso effetto. La maggior parte delle pubblicità sono realizzate con donne perché con la donna c’è la scorciatoia del sessismo: attira l’attenzione e costa poco.
Il sessismo è anche molto economico oltretutto, si risparmia sia in creatività sia economicamente.

Chi e cos’è la donna oggi?
Oggi la donna sta cambiando, oggi le donne sono imprenditrici, politiche, scienziate. Ho letto che nei laboratori scientifici il 60% del personale è donna.
Ma esiste ancora una concezione tradizionale di donna casalinga che si riflette in quelle pubblicità in cui si vede la donna che serve a tavola, l’unica che si occupa dei bambini. E queste pubblicità pretendono di rispecchiare tutta la realtà, mentre siamo in una fase di transizione e le situazioni sono tante e diverse.

Secondo lei questa immagine di donna oggetto viene vista più con passività o con rassegnazione?
C’è chi la accetta e chi non la accetta più, soprattutto se le donne si emancipano, accettano molto meno questa strumentalizzazione e l’imposizione dei vecchi ruoli. Ma fortunatamente la società si sta evolvendo.
A Natale ad esempio Pandora è stata costretta a sostituire un suo manifesto nella metro di Milano perché era una pubblicità sessista, hanno avuto così tante proteste sui social, che è stata costretta a rimuoverli. Adesso anche i social aiutano molto perché lì puoi protestare direttamente.

Vedi la Sant’Anna, che nel 2014 è stata costretta anche lei a togliere un manifesto, e l’anno scorso a modificare uno spot televisivo, come quello del succo di frutta Sanfruit, in cui c’era il bambino che dopo aver bevuto il succo di frutta diventava un piccolo Einstein e la bambina invece si occupava di moda. Dopo le proteste hanno eliminato la parte della bambina.

Anche la Procter & Gamble un paio di anni fa coi pannolini Huggies ha avuto centinaia di proteste sulla loro pagina Facebook da parte di genitori per uno spot in cui si faceva vedere che la bambina era vanitosa e il bambino invece faceva l’esploratore. Evidenziava i soliti stereotipi che ancora oggi vanno avanti: la bambina ama il rosa e fa la ballerina, il bambino invece fa l’astronauta… Furono costretti a modificarlo.

Quindi il social può servire anche da mezzo di protesta?
E’ un mezzo prezioso. Sulla pagina del mio gruppo “La pubblicità sessista offende tutti” c’è un documento che si chiama “i nostri successi” in cui ci sono tanti casi di aziende che hanno tolto o modificato le loro pubblicità, perlomeno sulle loro pagine facebook, grazie ai social. E’ un tipo di protesta molto valida, bastano una decina di commenti critici, educati ovviamente, per far vacillare i rappresentanti di un’azienda. In genere prima cercano di scusarsi buttandola sul voler-far-sorridere, e poi spesso tolgono proprio l’immagine.

In che modo una pubblicità sessista influisce sul ruolo della donna nella società?

Rafforzando gli stereotipi. Una pubblicità sessista ti sta dicendo: “è così!”, ti sta dicendo che il tuo ruolo deve essere quello di massaia, quello di servire a tavola e di stare muta. Come nella pubblicità della Barilla, in cui i due uomini si occupano del grano e lei sta in piedi in silenzio col grembiule addosso e neanche si siede a tavola.
Una pubblicità così è un ostacolo al progresso e alla parità di genere. La pubblicità dovrebbe stare al passo con i tempi e riconoscere che la donna oggi è spesso anche una donna in carriera. Mentre all’estero una copertina di Time fu dedicata a Fabiola Gianotti, che è la direttrice del CERN, qui in Italia si nega l’idea che la donna possa avere un cervello, che possa contribuire alla società, che possa essere un premio Nobel.
Un altro esempio sulla differenza Italia-estero lo ritroviamo sempre sul Time: mentre nel dicembre scorso la persona dell’anno è diventata “Le donne che hanno spezzato il silenzio sulle molestie sessuali, le The silence breakers”, da noi le molestie sessuali non sono ancora considerate una cosa grave, visto che se ne parla poco e nei commenti agli articoli la maggior parte di chi scrive minimizza e dà la colpa alle donne. Vedi ad esempio il processo con le ragazze stuprate dai carabinieri a Firenze, dalle domande assurde e fuori luogo (come “trova sexy le divise?”) si capisce la mentalità che c’è dietro.
Il sessismo è questo: riportare la donna ai ruoli di un tempo e negarne i progressi.

Qui a Napoli ad esempio misero davanti a un ospedale pediatrico una pubblicità enorme, in cui si mostrava un’inequivocabile scena sessuale in cui questa donna veniva presa per i capelli, che è stata poi rimossa a causa delle proteste… (link)
Sì è stata rimossa ma ora ne è piena Milano… Queste tipo di pubblicità non solo istigano un comportamento violento ma lo giustificano.

Una cosa molto importante che non tutti capiscono, e accade anche all’interno del mio gruppo Facebook è che un conto è quello che uno fa nella vita privata e un conto è il messaggio pubblicitario.
Se uno vuole imitare la scena di quel cartellone a casa sua è libero di farlo se non fa male a nessuno: esistono mille aspetti della sessualità. Invece mostrare una pubblicità sessista come quella vuol dire comunicare un messaggio in cui la figura della donna è, come troppo spesso, associata alla sessualità e in questo caso a un gesto violento.
E alla bambina, all’adolescente che passa di lì e lo guarda, tu stai dicendo che quella cosa va bene. E invece non va affatto bene perché è un gesto violento, perché la donna è legata a un ruolo meramente sessuale e i sentimenti vengono sviliti.
Una bambina o un’adolescente crederà che il rapporto di coppia è fondato su queste cose e questo è un messaggio negativo su donne e uomini e sulle relazioni affettive.

Quindi poi una ragazzina penserà che quella è la normalità, che lei ha il dovere di sottomettersi in quel modo…
E tutto questo per pubblicizzare cose come vestiti. I marchio del prodotto è visibile sotto forma di etichetta sul corpo di lei.

Commenti queste immagini

Questa è terribile. Solito riferimento sessuale, col solito doppio senso. Lo IAP, l’istituto dell’autodisciplina pubblicitaria, l’ha bloccata.
Ma ne blocca poche, infatti solo quelle così visibilmente volgari, mentre quelle palesemente sessiste ma meno ovvie no.

Anche questa se non sbaglio fu bloccata, con molta lentezza. Basta pensare che i contratti di affissione in genere sono di due settimane e l’azione dello IAP ha la stessa tempistica, quindi non è sempre efficace.

Questa l’ho usata durante una mia presentazione ed è una della peggiori, anche questa venne bloccata. Nelle pubblicità sessiste i seni della donna diventano hamburger, palle da bowling, mozzarelle…
Ed è ancora più umiliante che qui non c’è neanche tutta la donna col suo volto ma solo un pezzo del suo corpo in primo piano, cosa che non accade con l’uomo. Infatti non ci sono pubblicità con “pezzi” di uomini… Come a dire “di te donna sono importanti solo le zone erogene e che una donna vale l’altra, non ci importa chi sei e cosa ne pensi, ci importa di te solo il tuo corpo, per vendere un prodotto”.

Io ho una collezione di questo tipo di pubblicità. Dicono “il mercoledì è gratis”, “perché pagarla?”, “perché prenderla a noleggio?”. Questo tipo di doppio senso è purtroppo molto sfruttato.

Marie Curie. Io ho scritto un articolo che è apparso su Il fatto quotidiano in cui affermo che ci sono molte donne validissime ma poco discusse. In Italia ad esempio abbiamo un’ingegnera calabrese di 28 anni che si chiama Chiara Cocchiara, che ha simulato per due settimane la vita su Marte. O Lucia Votano, una fisica che è stata la prima donna a dirigere i Laboratori del Gran Sasso dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e si occupa dei neutrini.

Samantha Cristoforetti, “AstroSamantha”. Dopo che è diventata mamma qualcuno ha scritto sui social “Auguroni, ha realizzato la missione più importante della sua vita perché non c’è carriera, Luna o Marte più appaganti della maternità”. Questo per descrivere proprio il rifiuto dei successi delle donne. All’estero è diverso, io ho vissuto in America e in Inghilterra e lì la donna è considerata una persona e non un corpo ambulante o una serva. E questo ha a che fare sia con la cultura che con la modernità, noi apparteniamo ancora a una cultura contadina e per i nostri nonni la donna era spesso considerata solo una generatrice di figli. Ci vorrà tempo per cambiare questa mentalità.

Cosa si aspetta dal futuro riguardo al tema sessismo?
Mi aspetto che ad esempio lo scandalo delle molestie sia l’inizio di un grosso movimento. In Italia ne ascoltiamo solo l’eco, però è evidente che il problema non è più ignorabile. Credo che da questo si passerà a più rispetto in generale.
Credo che sia stato un ottimo e inaspettato cambiamento, inaspettato come tutti i grandi cambiamenti della storia.
E da questa rivoluzione poi anche la rappresentazione della donna cambierà.

Link:
– Cambiare il mondo, ecco cosa sognano le donne di oggi. Di Annamaria Arlotta
– Un prodotto chiamato donna, il corpo acefalo della pubblicità. Di Annamaria Arlotta
– Milano, nuovo scandalo sessista? Pubblicità choc in città.


Warning: A non-numeric value encountered in /home/customer/www/bagnipubblici.carolcristi.it/public_html/wp-content/themes/ionMag/includes/wp_booster/td_block.php on line 1008