Sasi vuole andare a scuola

Sasi vuole andare a scuola, ma per farlo ha bisogno delle gambe, che purtroppo non funzionano come dovrebbero. Per sua fortuna però ha una famiglia che lo ama, a tal punto che suo padre sarebbe perfino disposto a licenziarsi per seguirlo, ma purtroppo non può, perché deve lavorare per la sua famiglia. Così Sasi prova ad avvalersi dei suoi diritti e contatta il comune della sua città chiedendo per favore che una macchina lo porti e lo venga a prendere, ma purtroppo per mancanza di fondi il servizio non funziona. Quindi ci riprova e ne contatta uno privato, ma la cifra è troppo alta per chiunque.
Decide allora di studiare a casa, e assume me come suo insegnante. Ecco la storia di come è riuscito a superare l’esame di terza media:

Relazione per l’Istituto Comprensivo Statale R-M, da allegare al modulo per la richiesta di istruzione parentale.
Il ragazzo si dimostra interessato e coinvolto nelle attività interazionali come il disegno, con particolare interesse verso i colori. Segue meccanicamente il conteggio dei numeri e la ripetizione dell’alfabeto. Risulta di particolare importanza la ricompensa emotiva che il componente famigliare gli dà a fine lezione. Per quanto riguarda la sua voglia di imparare e di ricordare posso affermare che Salvatore M può riuscire ad eseguire un ragionamento logico e operazioni di piccole cifre. Ricorda perfettamente gli argomenti trattati ed ha voglia di saperne di più, cosa che incoraggio a fare di volta in volta.
Durante una lezione tipo abbiamo usato i colori a tempera. Finalità del lavoro era di farlo giocare e di insegnargli un metodo di sviluppo creativo interagente e propedeutico al lavoro d’apprendimento delle materie che stavamo affrontando. Tra i risultati più evidenti vi sono :
– Stupore per la consistenza della pittura e delle forme che si sono venute a creare
– Senso di gratificazione per il risultato
– Richieste di un secondo intervento di questo tipo
– Ha usato l’espressione “bello” più volte per indicare il risultato finale
– Dopo aver mostrato il lavoro alla madre ha mostrato contentezza.
Tra i disagi più evidenti, legati al suo handicap, vi è la difficoltà a impugnare gli oggetti quotidiani quali la penna, ecco perché con l’ausilio di un supporto ad anello stiamo riuscendo ad oggi a fargli seguire una terapia occupazionale che gli permetta di inseguire una carriera scolastica e di sviluppare la sua naturale propensione ai rapporti sociali. Salvatore M è un ragazzo che ha molta voglia di fare e se seguito con costanza sono sicuro che può riuscire a condurre un percorso scolastico valido. Firma PF

Sasi vuole andare a scuola. E ce l’avrebbe pure lui la forza di ergersi dritto: la sua è una di quelle forze di volontà che appartengono alle gesta dei grandi eroi: quando si mette in testa una cosa non ci sono versi, e alla fine ci riesce pure. In questo Sasi è un campione, imbattibile, indiscusso. Lo sanno bene mamma Patrizia e papà Domenico, che cercano in tutti i modi di tenergli inutilmente testa.
Mi aspetta dalle 15 vicino la porta, lo so che anche stavolta sono in ritardo e a lui non posso mentirgli, e a dire la verità non ci ho mai nemmeno provato, me ne sono accorto subito che i suoi sono occhi che capiscono molto più dei miei, molto più dei miei libri e di qualsiasi altra cosa che leggerò o cercherò di capire. A lui non puoi dire bugie altrimenti ti sgama alla grande, e ti ride pure in faccia, e allora gli sorridi e insieme ridete della tua ingenuità.
– Ciao Sasi tutto bene?
– A che ora te ne vai? Domani a che ora vieni?
Per Sasi il tempo non è una questione di logica o organizzazione. Il nostro tempo è fatto di eventi e prerogative, per lui il tempo invece è pura questione di qualità, ossia il modo di come esso scorre, è la vita. Abbiamo provato una volta a lezione a imparare l’orologio costruendone uno di cartone con grandi lancette nere e numeri del colore che ha scelto lui, ma alla fine abbiamo lasciato perdere, perché ho imparato che non importa che ore sono purché con Sasi tutto scorra, in termini qualitativi, efficacemente. Il tempo, darsi del tempo, inteso come una forza spietata che ti obbliga ad assecondarne la qualità, è un meccanismo che serve agli stupidi o a chi non ha ancora imparato a godersi la vita. Alle nostre lezioni il tempo è passato sempre in secondo piano e in modo diverso. E se devo darvi un tempo della durata totale dei nostri incontri non potrei certamente dirvi quattro mesi. Se ora vi steste domandandovi se in un’ora e mezza di lezione il tempo sia passato sempre allo stesso modo, potrei dirvi che lo state perdendo voi, il vostro tempo. Provate a guardare con altri occhi.
– Me ne vado alle 16.30 più o meno, dopo devo tornare a casa e poi non lo so, forse uscirò. Domani vengo sempre alle 15 circa. Allora iniziamo? Il 20 giugno è ormai vicino e tu sai che dobbiamo imparare il programma che abbiamo scelto…
– Dopo che fai?
– Dopo vado a casa, poi forse riscendo, poi torno, ceno, e domattina mi sveglio presto perché devo studiare, poi devo…
– Poi?
– Eh poi non lo so, iniziamo?
– Che facciamo oggi?
– Oggi ripeteremo Picasso e il suo famoso quadro…
– La Guernica!
– Bravo…
– E’ bella la Guernica! E poi?
– Poi possiamo fare un disegno…
– Lo prendo io! (dalla stampante alla sua destra)
– Va bene… Allora, ti ricordi che abbiamo parlato del cubismo? I pittori cubisti sono stati davvero geniali: hanno creato una nuova dimensione visiva attraverso i loro quadri, hanno creato un modo nuovo di intendere la realtà. Uno di essi è stato Pi…
– Picasso!
– Bravo… Pablo Picasso è stato uno dei più grandi pittori del novecento, e grazie al suo capolavoro la Gue..
– Guernica!
– La Guernica… ha saputo rappresentare la brutalità della guerra…

– La Guernica infatti rappresenta lo scenario di un bombardamento: quello del 26 Aprile 1937 della città di Guernica, che si trova in Spagna. Da come si può notare dalla lampada in alto, tutto questo avviene in uno spazio chiuso e vari elementi all’interno del quadro ne esaltano le caratteristiche simboliche. Quali figure ad esempio troviamo in Guernica? Il cava…
– Il cavallo!
– Il cavallo… che rappresenta il popolo, e un grido di dolore che accumuna tutti, uomini o bestie che siano. Poi? Il to…
– Il toro!
– Il toro… simbolo della forza e del potere della Spagna. Poi? Questo qua cos’è? Un sol-da…
– Soldato!
– Un soldato… che ha in mano una spada spezzata e un fiore che rappresenta la pace e la speranza… Poi?
– Paolo?
– Dimmi…
– Voglio dormire!
– Okay Sasi, allora facciamo una cosa, continuiamo la prossima volta? Vogliamo però disegnare?
– Lo prendo io!
– Va bene, cosa vogliamo disegnare? Che colori vogliamo usare?
La terapia occupazionale di Sasi, che per intenderci è quella terapia che lo educa ad eseguire quelle che noi reputiamo essere azioni quotidiane, quali ad esempio mangiare o pettinarsi, comprende tra l’altro l’utilizzo del disegno come mezzo riabilitativo, inteso anche come emancipazione emotiva. Durante il tempo che abbiamo passato insieme abbiamo disegnato molto, e molti sono stati i miglioramenti che si sono visti via via nei suoi lavori artistici. Per cause non dipese da lui non ha potuto, per molto tempo, seguire una terapia soddisfacente, anzi se vogliamo dirla tutta non ha potuto seguirla affatto. All’inizio delle nostre lezioni le sue mani erano molto rigide, e abbiamo disegnato grazie all’ausilio di un anello di silicone che abbiamo modificato (un anello salvamaniglia per porte comprato in ferramenta). Assieme al suo terapista è riuscito ad ottenere piccole-grandi conquiste, me ne sono resto conto perché oltre ai movimenti che eseguiva col pennarello, in principio tendenti a formare delle linee rette poi circolari, le sue mani erano diventate davvero reattive nel tendersi verso la mia penna, e nel voler afferrare il foglio che sarebbe poi uscito dalla stampante, e nel tirarmi le braccia quando si stava annoiando, tanto che a un certo punto ho dovuto scostare di un po’ la sua carrozzina dalla scrivania.
Questo è uno dei disegni che ho conservato gelosamente nel corso dei nostri incontri: esprime non solo la forza creativa di Sasi, ma soprattutto le sue conquiste. Raccontano il suo mondo e lo spiegano chiaramente con fermezza, come solo un grande artista sa fare.
– Allora che colore vogliamo usare?
– Il blu, il rosso, e il verde… (questi di solito i suoi colori preferiti)
– Verde chiaro o verde scuro?
– Verde chiaro!

Queste sono state le dinamiche, le grande conquiste, di cui vi parlavo prima. Il percorso che abbiamo affrontato durante il nostro tempo ha portato Sasi a fidarsi di me passando da uno stato di curiosità passiva a uno di partecipazione emotiva. Si sono venute a creare insomma situazioni scolastiche studente-maestro e ancora studente-compagno di banco, e insieme abbiamo studiato quando dovevamo e “marinato la scuola” quando ne avevamo voglia, perché sarebbe stato controproducente tentare di forzarlo in qualche modo. Ed è stato grazie a questa dimensione creatasi che siamo riusciti ad affrontare insieme l’esame di terza media il 20 giugno. Di fronte a tante persone incredule ha dimostrato che la sua è una di quelle forze di volontà che appartengono alle gesta dei grandi eroi. Bravo Sasi!

Durante questo percorso formativo, in quanto cittadino qualunque, qualche domanda mi è sorta spontanea, a cui spero che ci sia qualcuno che mi dia risposte:
Come può un ragazzo disabile essere lasciato in balia della malasanità e condurre allo stesso momento una vita psicofisica soddisfacente che lo aiuti in un processo volto all’integrazione?
Com’è possibile che in una società civile non ci siano i mezzi necessari per rendere perlomeno dignitosa la carriera scolastica (lo dico solo per restare in tema) di un ragazzo pieno di talenti che ha bisogno di assistenza speciale?
Come può non fare notizia nel nostro contesto che tutto ciò accada?
Che la spiegazione venga data dall’insensibilità o dalla disorganizzazione poco importa, poiché come nel caso di Sasi continuiamo ad assistere ogni giorno a troppe vicende sempre identiche.
E allora mi rendo conto che in tutto questo meccanismo di Asl, scuola e istituzioni c’è qualcosa che non funziona come dovrebbe, poiché se dovessimo considerare la scuola come strumento fondamentale di formazione e soprattutto un luogo in cui sviluppare le proprie abilità emotive (che nel particolare caso di Sasi sono essenziali) nel nostro caso siamo davvero messi male.
Ma senza prenderci troppo sul serio e sperare in un cambiamento o in una rivoluzione culturale che discenda dal cielo, o continuare a chiamare il comune per pregare di avere qualche diritto, che ci spetterebbe tra l’altro, rimbocchiamoci le maniche, coltiviamo la nostra forza di volontà: in questo dovremmo assomigliare più a Sasi.

Io spero in un futuro migliore, uno di quelli che nessuno mi regala, ma che ho conquistato con tutte le mie forze, che sia un piccolo o un grande successo. Nella parte iniziale ho scritto che Sasi ha assunto me come suo insegnante, in realtà lui ha accettato me, con le mie lamentele di poco conto e miei problemi irrisori e meritevoli di derisione.
In questo breve viaggio alla fine Sasi mi ha insegnato a non prendermi mai troppo sul serio.
Questa, forse, per me, è stata la lezione più grande che Sasi mi ha donato. Grazie infinito Sasi.


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