Sono andato a piedi a Pompei

Sono andato a piedi a Pompei. Sì a piedi, era una cosa che volevo fare da molto tempo, era una cosa che stavo rimandando da troppo tempo e come le tutte le cose che vengono rimandate troppo a lungo iniziava a crescere e a diventare un obiettivo impossibile, e Pompei man mano acquisiva sempre più chilometri, spaventando persino me, che ho sempre creduto di saper camminare.
Credevo di saperlo fare, ma non avevo mai considerato che ci sono molti modi di farlo: la maggior parte di questi sono stati abbandonati. Io come tutti pensavo che il mio fosse il migliore, e non avevo mai pensato che spesso ho dimenticato come si fa davvero.

Non pensare alla strada che si ha davanti, lasciarsi quella percorsa alle spalle senza timore, senza ritorno, avanzare un passo dopo l’altro cercando di darsi una certa cadenza e non perdere il colpo anche se le strade non sempre sono in discesa o asfaltate come si deve, cercando le persone che vengono sorpassate attraverso la voce, lo sguardo, il sorriso, la risata, e andare avanti godendo di se stessi e della voce della strada, della voce del Golfo, di quella del Vesuvio e dei propri pensieri, che sono alle volte i più devastanti di tutti, spingersi oltre le proprie capacità, guardare le cose con un’altra prospettiva quando ci sentiamo afflitti dalle difficoltà che inevitabilmente ciascuno di noi incontra durante il proprio cammino, sono le fondamenta su cui deve basarsi la proiezione del proprio sè nel futuro, o le conseguenze di smettere di sognare e quindi di vivere possono essere molto disastrose e in alcuni casi irreversibili.
Ecco come un buon cammino dovrebbe essere.

Immaginavo Pompei come la destinazione verso cui mi stavo dirigendo, mi piaceva pensare al dopo come un punto di svolta, il passo decisivo grazie al quale avrei potuto lasciarmi alcune tracce da dimenticare alle spalle e iniziare da capo, come se non fossero mai esistite, come se avessi la facoltà di poter distruggere e far rinascere la memoria: mi sbagliavo. La distanza che si andava accorciando mi stava suggerendo che la fine non è altro che la prosecuzione del percorso stesso, il traguardo è solo una tappa della strada che faremo, poiché non è importante il punto di arrivo quanto la strada percorsa per arrivarci.

E io ci ho provato. Ho aspettato la prima giornata buona di primavera e ho percorso 25 chilometri circa seguendo la linea del mare, con le mani in tasca, il Vesuvio a fianco e tanta strada davanti.
S.Giovanni, Barra, Torre del Greco, Torre Annunziata, le strade si alternavano con l’avanzare dei passi, e con esse palazzi decrepiti e disabitati e chilometri di niente. Era come se fosse successo un qualcosa tanto tempo fa, un qualcosa di misterioso di cui neanche gli abitanti stessi erano consapevoli, ma che non sfugge a chi viene da fuori e si addentra in quel labirinto surreale che porta a Pompei . Il tutto mi dava l’impressione di paesi spenti, come dopo una grande festa, una festa bellissima, a cui è seguito l’ineluttabile silenzio e abbandono. La gente era via, dov’era la gente? Le macchine sfrecciavano e ogni tanto qualche motorino veniva dalla direzione opposta, uomini con occhiali scuri agli angoli delle strade sembravano parlare di cose importanti.

Mi guardavano stupiti, la gente mi guardava stupita, avevo l’impressione di essere uno straniero in terra sconosciuta, anche se ci dividevano pochi chilometri e parlavamo la stessa lingua, forse non avevo il diritto di stare lì, come se il mio sguardo tradisse la mia provenienza, e dichiarava come un documento che non avevo né memoria né cultura del loro modo di intendere la strada, come se non avessi il diritto di sbirciare oltre quel muro che si erano costruiti attorno, per difesa o per attacco. Forse la mia realtà stava interrompendo un qualcosa, e non avrei potuto saperlo, e credo non lo saprò mai.
I passi e i pensieri erano diventati un’unica cosa, arrivai a destinazione, ed ero contento. Mi sentivo felice, il mio corpo era in fermento, i piedi mi facevano male, ma non ero stanco, anzi ne volevo ancora, volevo arrivare ancora fino a quel punto laggiù e poi ricominciare senza pensarci troppo, senza aspettative né pianificazioni, da solo di nuovo sui miei passi, e quello che sarebbe successo non avrebbe avuto importanza . Ma non lo feci, e il motivo era perché avevo troppa sete di arrivare.

Così mi guardai attorno, ero finalmente a casa. Ed era proprio come l’avevo immaginata. Sedermi subito sarebbe stato stupido, così restai un po’ ad ammirare il santuario, quello a cui fanno visita milioni di credenti, credenti in certe cose, che poi sono le stesse per chiunque, da sempre.
Ce l’avevo fatta: ero arrivato a piedi a Pompei.


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